Vivere o condividere
Ti riporto una frase dello psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi: «La connessione ha sostituito la relazione. Ma i social illudono e ci lasciano più soli. E non possono placare il bisogno dell’uomo di un incontro reale col prossimo».
Io sono rimasto parecchi minuti a rifletterci su. Come è vero che oggi, guardiamo un bambino nel seggiolone intento a smanettare un tablet o il cellulare della mamma e non ci sorprendiamo più.
Mi sono chiesto e ti chiedo: Siamo proprio sicuri che ci si debba rassegnare ai rischi di una società che vive solo se è connessa a internet?
Internet ci ha portati ad una vera e propria mutazione antropologica.
Chi ha creduto ad Internet come uno strumento di marketing come tanti altri, si è sbagliato di grosso. Tutta la tecnologia digitale ci ha portati in un nuovo mondo che ci modificati radicalmente, cambiando le dimensioni affettive e cognitive dell’uomo. È una vera mutazione antropologica.
Ritornando ai bambini ti porto a riflettere su come è oggi lo sviluppo dei nostri bambini. Guarda come giocano oggi rispetto a solo dieci anni fa. E’ cambiata la dimensione percettiva per non parlare di quella degli adolescenti esposti precocemente ai videogiochi.
Oggi i nostri figli li chiamano “nativi digitali” perché sono rapidi e “geniali” nell’apprendere a usare uno smartphone, ma attenzione sono meno attenti e capaci di memorizzare. Di fatti non fanno (perché non conoscono) i nostri percorsi di ragionamento e di apprendimento tanto che possono anche avere difficoltà nell’acquisire alcune competenze scolastiche di base.
Quelli dei Social sono i nuovi schiavi
Sappiamo benissimo che non esiste un “reale” distaccato da un “virtuale” e viceversa. Fai molta attenzione: Il virtuale può essere molto reale.
Ci siamo ormai resi conto che i giovani che sono incapaci di utilizzare le tecnologie digitali sono gli emarginati del terzo millennio. Ma è anche vero che quelli che vivono solo di internet sono i nuovi schiavi.
Una connessione non è una relazione
Una connessione è facile da ottenere. Non ci preoccupa su quanto possa durare. Non ci espone a rischi. Mentre una relazione vera ci chiede un impegno, significa avere interesse per l’altro, capacità di voglia di mettersi in discussione e desiderio di migliorarsi grazie all’aiuto reciproco. Insomma, una relazione è una cosa seria. I nostri figli hanno più “amici” sui social che nella vita di tutti i giorni. E questo impoverisce sulla loro capacità di creare delle relazioni affettive costruttive e stabili nel tempo.
8.000 contatti (o connessioni) ti possono anche dare un senso di onnipotenza, ma la realtà e che resti sempre solo. Una sola relazione amicale ti rende felice per sempre.
Le connessioni che sembrano non costare nulla ci costano una vera schiavitù. Sempre lì presente su Twitter, Instagram, a condividere le cose più strane, tutti giorni 24 ore su 24 senza distinzione tra giorni di festa e giorni di lavoro. In qualsiasi luogo, casa, ufficio, bagno, giardino, ecc.
E’ più importante vivere o “condividere” ?
Certo ti sarai posto questa domanda.
Io ho scelto di vivere. Io ho scelto di avere relazioni amicali che donano la gioia perché permettono di vivere una esperienza reale. Basta con la ricerca di consenso condividendo cose che mirano ad ottenere un “mi piace” e che aumenta il mio orgoglio o la mia presunzione. Preferisco un “no” di un amico che mi aiuta ad essere migliore.
Noi genitori con cosa educhiamo?
Usiamo lo smartphone a tavola? E allora cosa pretendiamo che imparino i nostri figli. Da anni abbiamo rinunciato a educare, perché educare è faticoso e vuol dire vivere in piena relazione, del farsi carico dei nostri figli per trasmettergli valori e visioni della vita.
Noi invece cosa facciamo? “Tieni figlio mio gioca con questo”. E gli rifiliamo il tablet.
Cosa possiamo fare?
E’ urgente un ritorno all’incontro concreto, reale col prossimo, per condividerne timori, sogni e debolezze, gioie e preoccupazioni. I social non appagheranno mai il naturale bisogno di incontro con l’altro. Ma se non ci frequentiamo, se non generiamo momenti in cui educhiamo i nostri figli al dialogo, all’incontro, potremmo trovarci difronte a tante connessioni disumane che non formano una società.
Grazie Roberto, condivido in pieno le tue riflessioni.
Ciao Roberto,
come sempre i tuoi spunti sono molto interessanti e attuali, solo che richiedono quello che è “il tiranno dell’Amore” per rispondere in maniera puntuale…il tempo!
Una risposta rapida è che volente o nolente il mondo di oggi è connesso a internet e noi possiamo dire tutto quello che vogliamo, ma sicuramente il mondo virtuale è + appagante perché dà risposte immediate e ti permette di andare da un amico all’altro a seconda di quello che mi và!
Possiamo condividere che non permette di avere relazioni approfondite, che noi vivevamo in maniera diversa guardandosi negli occhi, ma questo rischia di essere un mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi!
Il mondo è internet, in Africa tante persone non hanno da mangiare ma hanno il telefonino….è così, il bisogno è stato ben creato e l’uomo risponde ai bisogni che ritiene i più importanti.
Io penso che sia meglio cercare di allearsi al mondo virtuale e utilizzarlo per il meglio e aiutare i figli a utilizzarlo al meglio piuttosto che combatterlo…limitiamone il tempo, non usiamo a tavola (se ci riusciamo) ma non demonizziamlo
Ciao, Alfonso
Caro Roberto, sono cambiamenti epocali!
Ricordo da ragazzo come cambiarono le abitudini e le relazioni in famiglia con l’arrivo della televisione, anni ’50, un solo canale. L’attrazione anche di “Carosello”!
Condivido le tue osservazioni, il senso di responsabilità e l’educazione dei genitori condiziona quella dei figli, del resto è evidente che c’è una emergenza educativa per contenere una deriva individualista che limita lo sviluppo delle capacità relazionali delle persone.