In questi giorni dopo una approfondita lettura del libro di Maurizio Pallante, “L’imbroglio dello sviluppo sostenibile” ho avuto modo di riflettere sul legame che esiste tra spiritualità e sostenibilità, poiché entrambi questi concetti si riferiscono al modo in cui gli esseri umani possono vivere in armonia con il mondo naturale e con gli altri esseri viventi.
La spiritualità
La spiritualità può essere definita come la ricerca di significato e di connessione con qualcosa di più grande di sé stessi, che può includere la fede in Dio, la meditazione, la pratica di valori come l’amore e l’altruismo e l’esperienza di stati di coscienza elevati. In questo contesto, la spiritualità può fornire un quadro di riferimento per le persone che cercano di vivere in modo sostenibile, incoraggiando l’adozione di comportamenti che rispettano e proteggono l’ambiente naturale.
La sostenibilità
D’altra parte, la sostenibilità si riferisce alla capacità delle comunità umane di soddisfare i loro bisogni presenti senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni.
La sostenibilità richiede l’adozione di pratiche che riducano l’impatto umano sull’ambiente, come l’uso di fonti di energia rinnovabili, la riduzione degli sprechi e l’adozione di modelli di consumo consapevole.
Un legame sistemico
In questo senso, la spiritualità può offrire un’ispirazione e una motivazione per adottare pratiche sostenibili, incoraggiando l’adozione di valori come l’amore per la natura, la compassione per gli esseri viventi e la responsabilità per il benessere delle generazioni future.
Allo stesso tempo, l’adozione di pratiche sostenibili può anche promuovere la connessione con la natura e con gli altri esseri viventi, rafforzando così la dimensione spirituale dell’essere umano.
Le parole di Maurizio Pallante
A pagina 124 scrive:
“La spiritualità è il bisogno di avere un contatto fisico con la natura, di conoscerla non per sfruttarne le risorse, ma per ammirare la bellezza di tutte le forme di vita che la compongono e l’armonia dei loro rapporti.
È il desiderio di relazioni umane fondate sul dono reciproco del tempo e la solidarietà; è fare le proprie scelte esistenziali per passione e non per interesse. La spiritualità non è il disprezzo delle esigenze materiali, perché sono insite nella natura umana, è il desiderio di soddisfarle nel migliore dei modi, guidato però dalla consapevolezza che non sono tutto.
Ripristinando la completezza degli essere umani, la valorizzazione della spiritualità ridimensiona la loro importanza e consente di capire che nei paesi industrializzati la riduzione dei consumi, a partire i consumi inutili (gli sprechi) e da quelli non necessari (il superfluo), non comporta una diminuzione del benessere, ma offre l’opportunità di dedicare più tempo alle relazioni affettive, alla creatività alla conoscenza disinteressata, alla contemplazione.
Oltre a migliorare la qualità della vita, la diminuzione della domanda di merci che ne consegue può essere determinata per rientrare nei limiti della sostenibilità ambientale e allontanare il pericolo di una estinzione della specie umana“.