Recentemente David Pilling su The Financial Times (Sole 24 ore 4 ottobre 2016) ha ripreso il grande tema su “quale economia si insegna nelle nostre università”.
L’articolo mi ha dato lo spunto per invitarvi a leggere con molta attenzione il libro QUESTA ECONOMIA UCCIDE di Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi che hanno intervistato Papa Francesco.
Il fatto acclarato che l’attuale sistema economico non funziona, oggi viene ampiamente chiarito da un papa (e non da un’economista) che in questo libro propone anche una riflessione sul rapporto fra economia e Vangelo.
Ma torniamo all’articolo di David Pilling.
La rivolta degli studenti.
Università di Manchester novembre 2012:
Gli studenti si erano riuniti in quella saletta in risposta a un’email con il seguente oggetto: «Appello a tutti gli econoscettici in circolazione». «Nel pieno della più grande recessione mondiale degli ultimi ottant’anni – recitava il testo dell’email – gli studenti di tutto il mondo stanno mettendo in discussione le basi stesse della nostra disciplina».
Non erano solo i ragazzi della PostCrash Economics Society a pensarla così. HaJoon Chang, un economista dello sviluppo che insegna a Cambridge, ricorda che «gli studenti mi tempestavano di domande dicendo: “È in corso la crisi finanziaria più grande dal 1929 a oggi e i nostri professori continuano a insegnare come se non fosse successo nulla”».
La rivolta contro i programmi di studio ha implicazioni che vanno al di là del mondo accademico.
Gli studenti di oggi sono gli economisti di domani
Gli studenti di oggi, d’altronde, sono gli economisti di domani, che gestiranno le nostre economie dalle loro scrivanie nei ministeri, nelle banche, nelle istituzioni multilaterali e negli istituti di ricerca. Quello che apprendono sul funzionamento dell’economia e il modo in cui i Governi possono influenzare i risultati economici avrà un impatto profondo sulle politiche future in ogni ambito, dalle tasse e dalla spesa pubblica ai tassi di interesse, ai salari minimi, alle emissioni di gas serra e ai commerci internazionali.
Il fallimento del pensiero dominante
Il fallimento più lampante del pensiero economico dominante, sostengono gli studenti, è la sua incapacità di spiegare, e tanto meno prevedere, il crack finanziario del 2008. Durante tutto il suo primo anno all’Università di Manchester, racconta Earle (uno studente), non ha sentito parlare nemmeno una volta della crisi: i suoi insegnanti sembravano credere in un sistema economico razionale capace, in larga misura, di correggersi da solo, e che sarebbe tornato in modo naturale a uno stato di equilibrio
L’economia indifferente alle disuguaglianze del mondo
La scienza economica che oggi si insegna nelle università mi sembra totalmente indifferente ai veri problemi dell’umanità. Eppure si è sempre spacciata come l’unica capace di risolvere problemi di povertà o benessere in generale. Grandi economisti sono stati già smentiti abbondantemente, ma i nostri docenti non si sono accorti di nulla. Anzi si sentono minacciati dall’avanzata di altri modelli ibridi (economia del bene comune, benefit corporation, economia di comunione, economia civile) e si rinchiudono nella solitaria bellezza del loro giardino di perfezione matematica.
Quale obiettivo per il futuro?
L’obiettivo generale, è disintossicare la scienza economica dall’idea di aver trovato «l’unica vera via». I sostenitori indefessi dell’economia neoclassica …, si comportano «come gli astronomi prima di Galileo». Alla fine, l’insegnamento dell’economia dovrà diventare «più pluralista, più critico, più liberale».
Abbiamo bisogno di una reale: esplorazione delle idee invece che un addestramento al sacerdozio economico.
Mi sembra che l’economia, senza i necessari collegamenti con una adeguata antropologia e i necessari principi etici, non possa che trasformarsi in un pericoloso gioco d’azzardo. Inoltre, mi pare di notare un crescente disinteresse per lo studio della storia economica per illuminare ed eventualmente correggere i principi dell’agire economico, così come per una interdisciplinarità che eviti di porre l’economia come Regina scientiarum omnium. Quest’ultima, a ben vedere, è un’eredita marxiana, anche se i maghetti della finanza, detti da altri gnomi, rabbrividirebbero sentendosi attribuire tale filiazione.