E’ certo che siamo ancora in ritardo. La sostenibilità è ancora molto lontana dalla mente e dal cuore e quindi dalle proposte politiche di quanti ci governano. Ma soprattutto la sostenibilità è lonatana da quanti vivono con agiatezza e senza molti problemi economici: a chi non manca nulla, anzi, è pieno di superfluo. A questi, la sostenibilità è un termine sconosciuto. E quindi non ci resta che sperare, che anche loro comprendano. Ma a volte non ci viene neanche voglia di sperare e cadiamo in uno stato di tiepidezza che non ci aiuta a riprendere la lotta e continuare a sperare. Per questo dobbiamo imparare a sperare. Oggi ho pensato che molto spesso per imparare abbiamo bisogno di esperienze forti (si dice "apprendimento per trauma"). Che ne direste di imparare la sostenibilità con "impoverimenti radicali". Impoveririsi di tutto, dei beni materiali e dell’orgoglio, della tanta scienza mal utilizzata, e cosi via. Perchè sino a quando si è ricchi si conta solo sulle proprie ricchezze (sulle proprie forze, energie, patrimoni immobiliari e finanziari) e come vediamo non se ne può fare a meno. Ma quando tutta questa "autonomia" inizia a mancare… allora si inizia a capire. Cosa? Prima si capisce cos’è la speranza e poi si capisce quanti vivono la speranza di un mondo sostenibile che renda la vita felice a tutti e non a pochi.