Bari. Ricordando il discorso di Bob Kenedy sull’inadeguatezza del PIL, a favore di un consumo consapevole.
Il 18 marzo del 1968, all’università del Kansas, Robert Kennedy pronunciava un discorso in cui manifestava l’inadeguatezza del PIL come indicatore di benessere di una nazione. Il 18 marzo del 2008, a Bari, il progetto DePILiamoci – curato da Roberto Lorusso e Nello De Padova – ha organizzato una tavola rotonda per riflettere sull’attualità del discorso di Kennedy ed interrogarsi sulle possibili alternative.
Slogan della giornata: “Finisce l’era del PIL (Prodotto Interno Lordo), Inizia quella del BIL (Benessere Interno Lordo)”, nel tentativo di individuare un indicatore in grado di rilevare il vero “ben-essere” della comunità che non tenga conto solo di dati economici.
“E’ arrivato il momento di rendersi conto del disaccoppiamento tra la crescita del PIL e quella del benessere sociale – ha detto Maurizio Pallante, fondatore del Movimento della Decrescita Felice, intervenuto in videoconferenza -. Ormai la crescita del PIL, legato soltanto alla vendita di merci, viene utilizzato per nascondere il malessere della società, nella quale manca da tempo lo scambio di doni”.
Occorre, dunque, cercare di invertire la logica del mercato, “un mercato – ha sottolineato Bruno Ricca, direttore editoriale di Editori Riuniti – che ruota intorno ad un sistema capitalistico che è degenerato in 40 anni, e che ha generato solo avidità”.
Il mercato e la sua logica, quindi, riescono ad agire fortemente sulle persone rendendole compratori e consumatori ‘cattivi’: “Siamo diventati – ha detto l’On. Paolo Cacciari – consumatori forzati di prodotti destinati a durare poco, in un sistema che ci costringe a compararne sempre di nuovi. Siamo anche produttori forzati di un surplus di merci e di denaro che non dà benessere all’individuo e alle famiglie. Liberiamoci dalla logica del mercato, diamo ai cittadini la libertà di scegliere cosa e come comperare, e di produrre solo ciò che è necessario, vedremo aumentare il tasso di democrazia e di partecipazione consapevole ed il benessere”.
L’idea della decrescita suggerita dall’on. Cacciari è proprio quella di liberarsi dalla schiavitù delle merci per riscoprire i beni e uno stile di vita sobrio e solidale a tutti i livelli della società. “Bisogna creare reti di economie solidali, che siano sostenute da tutti. Si parte dalle proprie case, con la scelta di produrre da sé lo yogurt o di bere acqua del rubinetto; si passa al vicinato con i condomini solidali o che scelgono di autoprodurre energia; si passa alle amministrazioni locali, che, scegliendo la raccolta differenziata o promovendo le banche del tempo, aiutano a vivere in maniera sostenibile e solidale; arrivando alle politiche di livello nazionale o globale che hanno certo il loro peso non secondario”. Il problema, sembra essere legato alle regole che l’Economia si è posta, si sente la necessità di un loro cambiamento.
La tavola rotonda è stata l’occasione per condividere esperienze significative. Buoni esempi nelle amministrazioni locali ci sono e “le esperienze positive devono essere valorizzate e fatte conoscere”, come ha riferito Marco Boschini, assessore del Comune di Colorno (PR) e fondatore della Rete dei Comuni virtuosi: la rete degli enti locali impegnati in progetti concreti rivolti alla per quanto è possibile alla politica sostenibilità ambientale.
Anche la Regione Puglia che non è ancora pronta a cogliere “una rivoluzione culturale e delle necessità molto più presenti ai cittadini piuttosto che ai politici o agli imprenditori” ha cercato di fare qualcosa, come ha riferito Michele Losappio, assessore all’Ambiente della Regione Puglia. “Ci stiamo impegnando nel recupero ambientale o nella promozione della responsabilità sociale di imprese che impattano fortemente sull’ambiente – ha detto – ma dobbiamo badare a non destrutturate l’economia del territorio”.
Anche nelle imprese, non mancano esempi di buone prassi e lo ha riportato Eric Ezechieli, presidente di The Natural Step Italia, che, attraverso il Piano strategico di Morbegno (SO), ha vissuto direttamente la “conversione” delle politiche aziendali di due grandi realtà industriali italiane. “Queste aziende hanno capito che producevano un numero insostenibile di rifiuti non smaltibili e hanno invertito la rotta, decidendo di attivarsi a favore dell’ambiente e di una società sostenibile”.
Rattrista la constatazione che la Politica non immagina una crescita diversa da quella dell’aumento del PIL. Dunque, non resta che “continuare a crederci, evitare di rimanere soli – ha suggerito qualche partecipante al convegno – ed indurre la politica e le imprese ad avere comportamenti corretti”, perché il loro compito principale è creare benessere nella e per la comunità.
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