24 gen 2009 Convegno della associazione Learning Cities Italia. Testimonianze di progetti di governo per il Bene Comune.
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Intervento del presidente Roberto Lorusso.
Le Amministrazioni Locali: un futuro senza "limiti"
"Nel regno degli esseri viventi
non esistono cose, ma solo relazioni" (Gregory Bateson)
L’uomo è un essere relazionale. Senza relazioni resta un individuo. L’uomo senza relazioni non può migliorare il suo ben-essere. L’uomo, si realizza nell’Essere non nell’Avere.
Il Circuito causale di fianco ci spiega che l’uomo vuole realizzarsi in quanto Essere, e per Essere ha bisogno di Relazioni, le Relazioni generano Apprendimento e l’Apprendimento genera Cambiamento.
Quando diciamo che ogni comunità ha il sindaco che si merita non sbagliamo. Se la comunità è inerme anche il sindaco sarà inerme; una comunità di "tiepidi" (persone che non sono né calde né fredde) è una comunità che non ha bisogno di nulla, non sa cosa esigere dal sindaco. Ma se la gente ha voglia di partecipare alla vita sociale riesce a cambiare gli amministratori. La stessa cosa capita se i cittadini vogliono dagli amministratori solo la soddisfazione dei bisogni personali o se invece sono tanto maturi da chiedere il bene comune, cioè il bene della comunità.
Il bene comune è quel contesto che permette a ogni persona di realizzarsi come uomo e il pubblico amministratore ha l’obbligo di contribuire a generare bene comune per permettere alle persone di realizzarsi come esseri umani.
Il bene comune è un bene relazionale, intangibile. E’ un bene e non una merce, si realizza e si fruisce assieme. Il pubblico amministratore risponde a delle domande, ma deve capire se lo deve fare mirando al consenso a breve o ad una visione a lungo termine per il bene comune.
Per realizzare il bene comune chi governa deve mettere in atto azioni che permettano alla comunità di crescere e cambiare. Questo vuol dire che se la gente non ha voglia di partecipare deve essere l’amministrazione a dare gli strumenti e gli stimoli giusti. Quando un sindaco non fa questo commette un grave errore, molto più grave dei cittadini (dai quali ha ricevuto la delega e la responsabilità di guidare la comunità).
Apprendere è un lavoro – un vero lavoro – difficile e faticoso. Per questo, sono pochi quelli che vi si dedicano realmente.
Chi governa, chi ha il potere, deve apprendere. Ecco perché dobbiamo fare scuole per i rettori, perché fare il rettore è diverso dal fare il professore, o per i dirigenti comunali che devono possedere la capacità di delegare, di pianificare e di gestire un team. E perché no? Facciamo scuole per sindaci, perché non basta essere votati per essere un buon sindaco.