Da questo nuovo modo di concepire la produzione nascono prodotti che a fine vita non diventano rifiuto da avviare all’inceneritore o alla discarica ma si trasformino invece in una risorsa.
Cosa si può fare al giorno d’oggi con un chicco di mais? E con un girasole? Molto di più di quel che potete pensare. Dagli amidi vegetali contenuti in questi ed altri prodotti dell’agricoltura oggi è possibile ricavare biopolimeri con caratteristiche estetico/funzionali del tutto simili alla plastica convenzionale di derivazione petrolchimica. Bello, ma non è tutto.
Questi biopolimeri possono essere formulati in maniera da risultare biodegradabili e compostabili, ovvero smaltibili in impianti di compostaggio insieme ai rifiuti organici.
Attraverso lo smaltimento in compostaggio questi prodotti potranno tornare a nuova vita diventando compost che fertilizzerà il terreno su cui poi nasceranno altre piante dalle quali si otterranno nuovamente materie prime. Un ciclo virtuoso, dalla natura alla natura che nel suo completarsi comporta, per le aziende, meno impiego di risorse non rinnovabili, meno energia e meno CO2.
I materiali che consentono di realizzare tutto ciò sono principalmente i biopolimeri biodegradabili, compostabili e contenenti materie prime rinnovabili di origine vegetale.
Per altri prodotti si utilizzano invece fibre naturali ricavate da scarti di lavorazione di piante a ricrescita veloce, in particolar modo canna da zucchero.
La possibilità di compostare i prodotti può essere dimostrata e garantita mediante certificazioni OK-Compost, DIN-Certco, emesse secondo norma EN13432 (per Europa) o BPI emessa secondo norma ASTM D6400 (per Stati Uniti e Canada).
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